Al momento della nostra prima osservazione, RC si presentò con tutti i sintomi neuropsicologici tipici della sindrome conseguente a ischemia dell'arteria cerebrale posteriore sinistra (De Renzi e al., 1987). Egli aveva una notevole difficoltà nel riconoscere gli oggetti presentati visivamente, era alessico ma non agrafico, con deficit nella denominazione di colori, e inoltre soffriva di un'amnesia verbale anterograda.

Il deficit di riconoscimento visivo presentato da RC aveva le caratteristiche di un'agnosia visiva associativa. Il paziente portava a termine normalmente i compiti visuo-percettivi che non richiedenti identificazione del significato, mentre falliva nella denominazione, nella pantomima dell'uso degli oggetti e nella categorizzazione di oggetti o figure presentati visivamente.

Considerando le sue normali capacità di accedere alle rappresentazioni depositate nel sistema di memoria visiva (corretto giudizio di realtà su disegni di oggetti reali e non reali e corretto giudizio di grandezza su oggetti reali disegnati), concludiamo che alla base dell'agnosia visiva di RC vi era una disconnessione tra un magazzino di memoria visiva normalmente funzionante e un sistema di memoria semantica sostanzialmente preservato.

Da una prospettiva neurobiologica, il caso di RC fornisce informazioni sul substrato neurale del riconoscimento visivo di oggetti. Come si è riportato precedentemente, la lesione ischemica del paziente aveva distrutto l'area visiva primaria dell'emisfero sinistro e un'ampia porzione della superficie mesiale dei lobi temporo-occipitali di sinistra e dello splenio del corpo calloso, impedendo così al segnale visivo elaborato nell'emisfero destro di raggiungere le aree del linguaggio in quello sinistro. L'abilità di RC, sostanzialmente preservata, di costruire adeguate rappresentazioni dello stimolo centrate sull'osservatore e sull'oggetto si adatta bene all'assunzione della dominanza dell'emisfero destro per quanto riguarda questi stadi dell'elaborazione visiva (Warrington, 1985). Cosa ancora più interessante, la preservata abilità di questo paziente di accedere normalmente alle immagini visive immagazzinate (in accordo con precedenti riferimenti su pazienti agnosici visivi; cfr. De Renzi e Saetti, 1997), potrebbe essere spiegata assumendo una lateralizzazione dell'emisfero destro del substrato neuronale del sistema mnestico per gli aspetti visivi degli oggetti. Comunque, dal momento che un caso di agnosia visiva associativa non è mai stato riportato a seguito di una lesione unilaterale della corteccia occipito-temporale destra, è probabile che le immagini visive siano rappresentate bilateralmente, con entrambi gli emisferi in grado di sostenere normalmente il riconoscimento visivo degli oggetti in caso di lesione confinata all'emisfero controlaterale.

Un ulteriore punto di interesse nel deficit di riconoscimento visivo presentato da RC risiede nel modo in cui "processava" facce umane. Farah e collaboratori (Farah, 1990, 1991; Feinberg e al.,1994) sostengono l'esistenza di due sottotipi di agnosia visiva, il primo specifico per oggetti e parole stampate (alessia) ma non per i visi, il secondo in grado di distruggere il riconoscimento di tutte e tre le classi di stimoli visivi. Il caso di RC era chiaro in quanto non solo il suo deficit di riconoscimento visivo si estendeva al materiale fisiognomico, ma il suo danneggiamento nella capacità di riconoscere persone attraverso i loro visi procedeva strettamente in parallelo con la sua difficoltà nel riconoscimento di oggetti attraverso la visione. Egli espresse correttamente i giudizi di realtà su molti visi famosi (così come espresse giudizi corretti di realtà su disegni di oggetti) ma era incapace di fornire delle informazioni semantiche su queste persone (così come con gli oggetti).

Il deficit di riconoscimento dei visi presentato da RC non può essere considerato una vera prosopoagnosia, dal momento che egli era in grado di discriminare visi familiari da visi non familiari. Forse, l'incapacità del paziente nel riconoscere le persone le cui facce egli avvertiva come familiari suggerisce una disconnessione tra un magazzino per le unità di riconoscimento facciale normalmente funzionante e il sistema semantico.

La disconnessione visivo-semantica esibita da RC per gli oggetti sembrava essere unidirezionale. Mentre le sue prestazioni nel fornire i nomi o informazioni generali sugli oggetti sentiti come reali erano scadenti, egli aveva mantenuto la capacità di indicare gli oggetti nominati dall'esaminatore e di produrre disegni riconoscibili e accurate descrizioni a memoria. L'unidirezionalità del deficit di riconoscimento nei pazienti agnosici visivi non è una scoperta nuova (cfr., ad esempio, Albert, Reches e Silverberg, 1975; De Renzi e Saetti, 1997) e può essere provata assumendo che le fibre che connettono le aree uditive verbali dell'emisfero sinistro (dove l'input verbale viene codificato) con l'emisfero destro attraversino la linea mediana anteriormente allo splenio danneggiato.

Un ultimo punto di interesse è rappresentato dall'evoluzione del deficit di riconoscimento visivo durante il periodo della nostra osservazione e dall'analisi qualitativa delle sue risposte ai test di denominazione durante le valutazioni del follow up. Come descritto sopra, al momento della nostra prima osservazione, RC appariva completamente inconsapevole delle sue false identificazioni. Egli forniva velocemente risposte errate, tendenti alla perseverazione all'interno di poche categorie semantiche di oggetti, e spesso confabulava sulle caratteristiche percettive degli stimoli visivi, in accordo con le etichette verbali sbagliate che aveva appena prodotto. Dopo un periodo di sei mesi, durante il quale si era sottoposto ad uno specifico programma di riabilitazione cognitiva, la precisione di RC nella denominazione di stimoli presentati visivamente era migliorata in modo evidente. L'analisi delle sue verbalizzazioni suggeriva che il miglioramento fosse principalmente il risultato di un cambiamento nella strategia usata per la ricerca dell'etichetta verbale corretta. In particolare, sembrava che RC considerasse le sue risposte verbali in modo critico, inibisse le confabulazioni e usasse una strategia verbale basata sulla descrizione degli attributi percettivi e funzionali per facilitare l'accesso all'etichetta verbale corretta. Questi dati sembrano suggerire che sebbene la lesione cerebrale abbia posto ad RC delle limitazioni veramente severe sulle abilità di processazione visiva e abbia determinato le caratteristiche qualitative del suo deficit visuo-percettivo, una preservata flessibilità cognitiva (probabilmente supportata da un programma di riabilitazione specificamente mirato), gli ha permesso di elaborare delle strategie cognitive alternative che hanno modificato il suo approccio comportamentale ai compiti di riconoscimento visivo, e ha anche sostanzialmente migliorato l'accuratezza del suo riconoscimento.

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