Tipologie di items

I test d'intelligenza possono avere molte forme. Alcuni usano solo un tipo di items (matrici progressive di Raven) o domande; questi test sono particolarmente utili per scopi specifici. Altri test d'intelligenza più generale includono, invece, vari tipi di stimoli.

Una delle distinzioni più comuni è quella fra test che misurano l'intelligenza attraverso prove di tipo verbale e test che usano prove di tipo non verbale.

Per convenzione i punteggi dei test d'intelligenza generale sono generalmente convertiti su una scala con media 100 e deviazione standard 15. Per ragioni storiche il termine per definire il punteggio dei test d'intelligenza si usa il termine Quoziente d'Intelligenza (QI).

Validità dei test di intelligenza

Affinché un test possa essere considerato accettabile è necesario che risponda a specifici requisiti di validità:

Validità di costrutto: è necessario accertarsi che il test misuri proprio il costrutto desiderato; nella fattispecie è necessario che il test misuri proprio l'intelligenza, e non altre cose (quali la cultura, il livello d'ansia, la motivazione e così via).

Validità esterna: possibilità di generalizzare i risultati del campione alla popolazione-bersaglio, a popolazioni, ambienti e tempi diversi da quelli in cui è stata condotta la ricerca.

Validità statistica: Applicazione di tecniche statistiche per verificare l'esistenza di una relazione tra due o più variabili (o della differenza tra le medie di due gruppi) nella popolazione dalla quale è tratto il campione. La validità statistica riguarda la probabilità che la relazione fra le variabili sia effettiva, non dovuta al caso.

Validità di costrutto

La questione della validità di costrutto è estremamente delicata per quanto concerne i test di intelligenza. Uno degli aspetti più importanti, ad esempio, è quello di distinguere l'intelligenza pura dalla cultura.

Uno dei modi per assumere che un test misuri le capacità intellettive è quello di misurare l'esistenza di una correlazione fra il test ed altri test, già standardizzati, che si assume misurino l'intelligenza.

È peraltro evidente che questo metodo presta il fianco ad alcune critiche, in quanto si basa sull'assunzione che altri test abbiano una validità di costrutto sufficiente per adottarli come parametro per la misura dell'intelligenza.

Una metodologia complementare per la verifica della validità di costrutto è legata all'utilizzo di tecniche di indagine statistica esplorativa. Attraverso strumenti quali l'analisi delle componenti principali, l'analisi fattoriale o la cluster analysis è possibile far emergere delle dimensioni implicite dai dati ottenuti da un test, ed interpretare semanticamente tali dati. Se l'interpretazione semantica di tali dimensioni è compatibile con il costrutto (o i costrutti) di intelligenza, allora possiamo assumere che lo strumento abbia una buona validità di costrutto. Anche in questo caso, comunque, la questione è tutt'altro che banale.

Validità statistica

La validità statistica si misura attraverso strumenti di statistica inferenziale.

Uno dei modi per valutare la bontà di un test è - come abbiamo visto - quello di confrontarlo con le prestazioni di altri test standardizzati. Se, come auspicabile, entrambi i test danno una misura su scala ad intervalli, è possibile misurare il coefficiente di correlazione (r) fra le variabili.

Un altro metodo per valutare la bontà di un test è di confrontarlo con altre misure - indirette - dell'intelligenza. Se, ad esempio, assumiamo che l'intelligenza di una persona influisca sul suo successo scolastico o professionale, possiamo essere interessati a capire se i punteggi di un particolare test variano a seconda del livello di scolarità o dello status lavorativo della persona a cui è stato somministrato. In questo caso per valutare la validità statistica di tale misura è possibile utilizzare una analisi della varianza.

Il coefficiente di correlazione

Il coefficiente di correlazione, r , può essere calcolato se i punteggi in un campione sono appaiati in qualche modo. Tipicamente questo avviene quando ciascun soggetto è testato due volte: o fa lo stesso test due volte o fa due test differenti, o ancora ha il punteggio ad un test e un qualche altro criterio di misurazione (ad esempio il voto scolastico).

Il valore r indica il grado di relazione tra i due set di punteggi, sostanzialmente indica quanto il punteggio in un test possa essere utilizzato come predittore della prestazione nell'altro test (nel caso di due test differenti). Il segno (+ o -) anteposto al valore di r indica la direzione della relazione. In sostanza un valore positivo indica che la relazione tra i due punteggi è diretta, un valore negativo indica una relazione inversa. Il valore massimo di relazione è 1, che indica che il punteggio in quel test predice perfettamente la performance nell'altro test.

Vi è una relazione statistica fra il valore di r e la varianza. La varianza è l'indice di variabilità dei punteggi di un test; nel nostro caso possiamo considerare la varianza come l'indice di quanto variano i punteggi individuali del test. Statisticamente il quadrato del valore r costituisce la varianza spiegata della variabile indipendente su quella dipendente. Proviamo a fare un esempio per chiarire il concetto: pare che vi sia una correlazione piuttosto alta fra il quoziente intellettivo di un individuo ed il suo successo scolastico, e che tale correlazione sia pari a .50. Il quadrato di .50 è pari a .25, che costituisce la varianza spiegata dal quoziente intellettivo sulla performance scolastica. Questo significa che le differenze di performance fra i soggetti possono essere attribuiti per il 25% dal livello intellettivo misurato dal test di intelligenza.

Intercorrelazioni tra test

Cosa ci si aspetta dall'analisi dei punteggi di un test? Molto dipende dalla tipologia degli items utilizzati. Se, ad esempio, si utilizzano sia item di tipo verbale che non verbale, è lecito supporre che la correlazione fra item dello stesso tipo sia più alta che fra items delle due diverse categorie. Ciononostante generalmente vi è una correlazione anche fra i vari sottogruppi di un test.

Le persone raramente hanno performance dello stesso livello con tutti i tipi di stimoli di un test d'intelligenza: una persona può avere prestazioni differenti ai subtest verbali e spaziali. I punteggi ai vari subtest tendono però ad essere positivamente correlati: persone con punteggi alti ad un subtest verbale tende ad avere un punteggio alto anche in nel subtest visuospaziale (e viceversa). Per spiegare questa correlazione alcuni teorici hanno enfatizzato l'importanza di un fattore generale (g), che rappresenterebbe quello che tutti i test hanno in comune. Altri, invece, hanno focalizzato l'attenzione su un più specifico gruppo di fattori, tra cui la memoria e la comprensione verbale.

I pattern di intercorrelazione tra i vari test e subtest sono complessi. Alcune coppie di test sono molto più strettamente connesse di altre, ma tutte le correlazioni sono tendenzialmente positive formando una tendenza positiva. Spearman mostra che una parte della varianza del punteggio è matematicamente attribuibile alla varianza di un generale fattore g. il pattern di correlazione, quindi, è dato dalla varianza del fattore g più le differenze personali nelle varie abilità.

I punteggi ai test d'intelligenza rimangono sostanzialmente stabili con lo sviluppo: uno degli aspetti interessanti dei test di intelligenza è che il quoziente intellettivo che misurano tende a rimanere piuttosto stabile. Il q.i. di un individuo tende a rimanere sostanzialmente lo stesso lungo il corso della vita, anche se misurato con strumenti diversi, purché standardizzati.

I test come predittori

I test di intelligenza hanno una loro funzione se, in qualche modo, possono predirre il successo di un individuo in alcune importanti dimensioni della sua vita, quale il successo scolastico, il successo lavorativo, l'integrazione sociale e così via.

I test d'intelligenza costituiscono un buon predittore del risultato scolastico. L'indice di correlazione fra alcuni test di intelligenza e la performance scolastica può raggiungere un valore di r=.50. Tuttavia, correlazioni di tale grandezza rendono conto solo del 25% della varianza totale. Il successo scolastico dipende da numerose caratteristiche personali che vanno al di là dell'intelligenza, quali la perseveranza e l'interesse scolastico.

In ogni caso i bambini con alti punteggi ai test tendono ad apprendere con più facilità dei bambini con punteggi bassi. L'utilizzo di differenti metodi d'insegnamento può far aumentare o diminuire tale correlazione. Essa però non viene mai del tutto eliminata.

Alcuni bambini vanno a scuola per più anni di altri. I bambini con alti punteggi ai test d'intelligenza tendono a studiare più a lungo. Questi bambini sono solitamente incoraggiati da insegnanti e orientatori a continuare la scuola.

Naturalmente un alto punteggio ai test non garantisce una maggiore scolarità: vi sono bambini con alti punteggi ai test che, per vari motivi, abbandonano comunque presto la scuola: motivazionali, sociali, economici.

Nella società occidentale contemporanea (soprattutto negli Stati Uniti, ma anche in Europa) il livello di scolarizzazione è in qualche modo predittivo dello status sociale di una persona. Le occupazioni considerate prestigiose richiedono, di solito, almeno la laurea. poiché i test correlano bene con il numero di anni di scolarizzazione, essi sono anche buoni predittori dello stato occupazionale.

Quanto bene il QI di un bambino predice il livello socioeconomico che avrà da adulto? I bambini provenienti da famiglie privilegiate raggiungono più facilmente uno stato socioeconomico alto rispetto ai bambini provenienti da famiglie più povere.

È dunque legittimo sostenere che lo status socioeconomico dei genitori è un predittore dello status socioeconomico del bambino migliore del quoziente di intelligenza. Detto in altri termini per il successo sociale ed economico di un individuo il ruolo sociale dei genitori conta più dell'intelligenza.

Il QI correla abbastanza bene con i livelli di performance lavorativa; statisticamente, però, i test predicono meno della metà della variabilità totale delle misure della performance lavorativa. Altre caratteristiche personali sono probabilmente non meno importanti a livello lavorativo.

L'intelligenza misurata dai test psicometrici correla negativamente con la maggior parte dei comportamenti socialmente indesiderati. Detto in altri termini è meno probabile che una persona con q.i. alto sia soggetto a comportamenti antisociali. È naturalmente difficile dare una interpretazione a questa correlazione negativa. La correlazione potrebbe essere indiretta, nel senso che i bambini e gli adolescenti con punteggi minori ai test e con minor successo scolastico o lavorativo potrebbero più facilmente intraprendere comportamenti delittuosi, anche perché dispongono di minori possibilità di successo attraverso vie socialmente accettabili (ad esempio successo lavorativo).

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