Tra la costellazione di sintomi che riflettono il danneggiamento del comportamento orientato nello spazio nei pazienti con lesioni parietali, l'atassia ottica può sembrare il più specifico. Dalla famosa osservazione di Balint nel 1909, il termine atassia ottica ha designato un disturbo di coordinazione e precisione dei movimenti della mano stimolati visivamente, ma non collegati a deficit motori, somatosensoriali, dell'acuità visiva e del campo visivo. Nel caso originale di Balint, il quale era in relazione ad un infarto bilaterale della congiunzione parieto-occipitale, l'atassia ottica era associata a maggiori danneggiamenti dell'attenzione visiva. Questi includevano una paralisi psichica dello sguardo e neglect dell'emispazio sinistro. Tali disordini, tuttavia, potrebbero non avere importanza nell'atassia ottica, la quale interessa solo la mano destra del paziente. Balint suggeriva che l'area motoria della mano non aveva l'accesso all'informazione visiva da parte della corteccia visiva. Egli immaginava l'atassia ottica come il risultato di un anormale controllo del movimento da parte della visione e proponeva questo termine come un sinonimo di atassia tabetica. Infatti, il suo paziente poteva compiere correttamente i movimenti orientati del corpo, compensando il suo deficit attraverso suggerimenti somatosensoriali nello stesso modo in cui i pazienti tabetici compensano la loro percezione deficitaria della posizione dei muscoli, con la visione.

Sebbene le successive descrizioni delle sindromi bilaterali parieto-occipitali siano state riferite alla Sindrome di Balint, i disturbi che riguardano il raggiungimento di un obiettivo utilizzando il braccio hanno raramente presentato l'aspetto specifico osservato nel caso originale. A parte rare eccezioni (Hécaen e Ajuriaguerra, 1954; Guard et al. , 1984) i pazienti sono stati colpiti ad entrambe le mani e non possono essere dissociati da un danno oculomotore o percettivo. Di fatto, la maggior parte di queste sindromi bilaterali sono molto somiglianti al "disorientamento visivo" di Holmes (1918).

In questa situazione ci sono maggiori disturbi oculomotori e di percezione visuospaziale che si considerano direttamente responsabili dell'impreciso comportamento visuomotorio mostrato da questi pazienti, sia nel raggiungimento degli oggetti che nell'evitamento degli ostacoli quando camminano (es. Godwin-Austen, 1965; Michel et al. , 1965; Allison et al., 1969; Kase et al., 1977). I primi casi di mancato raggiungimento dell'oggetto ( termine anglosassone misreaching) pubblicati, conseguenti a danno unilaterale alla regione parietale posteriore, sono stati interpretati entro una struttura concettuale simile. In questi casi il disorientamento visivo è stato ritenuto essere ristretto a un emicampo ( Riddoch, 1935; Brain, 1941; Cole et al.,1962).

L'atassia ottica solo recentemente è stata riconosciuta come una specifica entità che può presentarsi senza disturbi percettivi, oculomotori o di attenzione visiva. Garcin et al. (1967) sono stati iprimi ad affermare che questo sintomo può apparire da solo. Nei loro casi, come nei più simili riportati più avanti, l'atassia ottica risultava da una lesione unilaterale centrata nella regione parietale posteriore (Rondot e Recondo, 1974; Tzavaras e Masure, 1976; Rondot et al., 1977; Levine et al., 1978; Auerbach e Alexander, 1981; Ferro et al., 1983; Ferro, 1984) sebbene talvolta sia stato osservato come conseguente a lesioni bilaterali (Boller et al., 1975; Damasco e Bentos, 1979; Denes et al., 1982). Tipicamente i pazienti sono danneggiati a entrambe le mani per quanto concerne il raggiungimento degli oggetti localizzati nell'emicampo visivo controlaterale alla lesione.Comunque, sono state riscontrate altre variazioni di questo deficit di base. In particolare il "mancato raggiungimento" può colpire solo una mano all'interno di un emicampo ( Castagne et al., 1975; Rondot et al., 1977), un sintomo che può essere sia un puro disturbo motorio sia un puro disturbo percettivo. Queste osservazioni, così come quelle riportate nel presente articolo, sostengono il punto di vista secondo cui l'atassia ottica deriva da uno specifico disturbo visuomotorio, una opinione che può essere ancora derivata dal caso riportato da Balint.

L'interesse per l'atassia ottica si è sviluppato sostanzialmente negli ultimi anni con lo sviluppo di modelli sperimentali nella scimmia. L'atassia ottica è stata considerata sia come disconnessione visuomotoria, equivalente a ciò che succede dopo una leucotomia alla congiunzione dell'occipito-parietale (Haaxma e Kuypers, 1974), oppure come una perdita dei neuroni parietali posteriori ai quali sono stati attribuiti le funzioni di associazione sensoriale e l'inizio motorio ( Hyvärinen e Poranen, 1974; Mountcastle et al., 1975; Lynch, 1980). Sebbene le lesioni al lobo parietale posteriore presentino essenzialmente effetti analoghi nell'uomo e nella scimmia, sono state notate anche delle discrepanze fra i 2. Queste sollevano nuove questioni per l'atassia ottica. Il disturbo è stato maggiormente descritto come mancato raggiungimento, cioè un'imprecisione direzionale della componente prossimale o di una fase di trasporto della mano nei movimenti prensili. Una piccola attenzione è stata data alla componente distale, vale a dire l'adattamento della mano in previsione dell'afferrare. Queste 2 componenti sono state considerate come produzioni motorie di 2 tipi di meccanismi visuomotori o canali che mostrano aspetti differenti dell'informazione visiva (vedi Jeannerod e Biguer, 1982). Se la corteccia parietale posteriore dei primati sia coinvolta nel controllo di entrambi i tipi di meccanismi, è discutibile. Un controllo più attento dei deficit parietali nell'uomo può aiutare a risolvere questo problema. Il secondo punto che porta a differenziare uomo e scimmia è quello che nell'uomo il deficit è di solito collegato a conseguenze nel campo visivo, così che i pazienti falliscono nel raggiungimento dell'oggetto con entrambe le mani solo nel campo visivo controlaterale, mentre nella scimmia il deficit è collegato conseguenze ad una sola mano, cioè le scimmie non raggiungono l'obiettivo solo con la mano controlesionale, indipendentemente dalla localizzazione dell'oggetto nello spazio. Per diverse ragioni, tuttavia, questa sembra essere una semplificazione. In particolare, per mezzo di un esame più sistematico di pazienti con lesione parietale, l'atassia ottica talvolta può essere attribuita anche a una conseguenza della mano, come osservato recentemente in pochi casi (Tzavaras e Masure, 1976; Levine et al., 1978; Perenin et al., 1979; Auerbach e Alexander, 1981; Ferro, 1984) e come sarà riportato in molti pazienti del presente studio.

Malgrado la sua validità euristica, è probabile che il parallelo con i modelli animali non possa spiegare tutti gli aspetti dell'atassia ottica. Di fatto ci si potrebbe aspettare che l'asimmetria funzionale e anatomica del cervello umano, particolarmente nel lobo parietale (Critchley, 1953; Eidelberg e Galaburda, 1984), possa lasciare un segno nell'atassia ottica. Di conseguenza è interessante sapere se, come proposero per primi Tzaravas e Masure (1976), alcuni aspetti dell'atassia ottica, come la prevalenza del campo o gli effetti della mano, dipendono dal lato della lesione.

Nel presente articolo abbiamo studiato 10 casi di pura atassia ottica conseguenti a lesioni unilaterali della regione parietale posteriore. La distribuzione del disturbo ai segmenti distali e prossimali, così come nelle combinazioni diverse mano-campo, è stata analizzata dai risultati delle registrazioni video. Questo studio è stato indirizzato a rispondere alle seguenti domande. Fino a quale livello si può considerare l'atassia ottica come uno specifico disturbo visuomotorio, come indipendente dai deficit percettivi visuo-spaziali? L'atassia ottica può danneggiare sia le componenti distali sia quelle prossimali dei movimenti prensili? Infine, ci sono aree più frequentemente coinvolte all'interno del lobo parietale? Risultati preliminari che concernono alcuni casi della presente ricerca sono già stati riportati in precedenza (Vighetto, 1980; Perenni e Vighetto, 1983).

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